Vogliamo raccontarvi una storia diversa

La storia di un territorio, piuttosto di una Cantina. Storie di uomini che hanno dedicato la vita al territorio pedemontano di Verona, come la famiglia Benedetti. Storie di uomini che hanno passato la loro vita a gestire e condurre le grandi aziende agricole per conto dei possidenti veneziani, come la famiglia Guidorizzi. E storie di personaggi come il Conte Enrico Cartolari Falzago, appassionato naturalista che ha vissuto presso Villa Morago, nel cuore dell’omonima contrada nel cuore D.O.C. della Valpolicella.

Una storia di cultura e passione per il territorio e per chi ha vissuto e lavorato su di esso, e una selezione esclusiva di vini per celebrare il territorio veronese attraverso la sintesi unica che ogni singola bottiglia porta con sé, a partire dalla natura del terreno e le varietà dei vitigni, attraverso tecniche di coltivazione, vendemmia e vinificazione che raccontano l’espressione di una terra e delle persone che la vivono.

In occasione della ricorrenza dei 200 anni dalla fondazione dell’Oratorio dedicato al Santissimo Crocifisso, adiacente a Villa Morago, vengono presentate le etichette selezionate “Villa Morago”, realizzate con le stesse decorazioni tratte dagli interni della villa, dipinti dal Conte Enrico Cartolari dei Falzago, medico, chirurgo e appassionato naturalista, residente nella villa dal 1945 al 1965.

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La solitudine verde e la poesia

di Ernesto Guidorizzi

Nel tempo in cui il luogo eletto, detto Morago, veniva edificato fra le colline di Verona, uscivano Le prose e poesie campestri del poeta più illustre fra quelli della bella città: Ippolito Pindemonte.

Salendo al luogo eletto, facile e lieto si porge il ricordo di quelle prose e poesie, tanto affine il paesaggio cantato da Pindemonte e il paesaggio di Morago.

Andando per la salita collinare, attraversando boschi, giungendo ad un ripiano, appare la contrada detta appunto Morago. Vi s’apre il cortile, che il verde circonda, e chiama il silenzio intorno alle immagini ed ai pensieri fra i più alti, lungo le vite migliori.

Il ricordo suggerisce il verso primo delle raccolta, intitolata La solitudine, nelle Prose e poesie campestri: Pien d’un caro pensier, che mi rapiva.

È il pensiero che sorge entrando a Morago, là dove mura antiche accolgono in locali austeri, prima di quello che fu sacro. Ed altrettanto sacro, ecco il verde di nuovo, permeato di silenzio, assorto e vasto per la valle sottostante.

Il poeta narra: Scherza in cima la vite, o ad altra pianta / In giù cadendo si congiunge e allaccia, / E di ghirlande il nudo sasso ammanta.

Le foglie ed il sasso, le fronde e la roccia, il bosco e il cortile: tutto narra il tempo lontano ormai, quando scelse qualcuno il luogo, al fine di crearvi l’occasione, la più elevata, che è del contemplare. Così il luogo di Pindemonte. Così il luogo, è caro ripeterlo, detto Morago.

M’arresto, e poi tra la folt’erba movo. Andando per i sentieri del bosco intorno, vedendo tra le frasche il cielo e giù la valle, e l’orizzonte dall’azzurro perenne, lasciando altrove ogni dispersione pratica o peggio banale, oltremodo grata giunge la memoria dell’avvertimento, che Ippolito Pindemonte pose alle sue Prose e poesie campestri. È una nota che vale per il suo luogo collinare ed egualmente vale dunque per Morago. È una nota dedicata a chi ritrova nella profondità di sé stesso la ragione del vivere.

“Un uomo, che non odia punto lo star con sé stesso, cui piace assai l’indipendenza e la libertà, e che ama la campagna grandissimamente, vedesi per la prima volta libero, indipendente e solitario nel verde grembo d’un’amenissima villa”.

Villa voleva dire borgo, villaggio, campagna, e poi dimora fra il verde, così Morago, che accoglie colui il quale vi giunga, respirando le foglie della collina, trovando in quella radura l’origine dei pensieri più assorti, trovando sé stesso.

Ha invero bisogno degli altri, chi non si trova in armonia col proprio essere, e libero non può dunque valutarsi, se non nella concordia dell’erba, della foglia, della collina, del cortile, dove il silenzio gli dia ospitalità, dicendogli le cose antiche e la purezza loro.

“… tutto ciò, che in quel novello suo stato gli riempie la mente, tutto ciò, che il cuore gli scalda, dalla mente, e dal cuore lo trasporta alle carte, e quivi lo ferma ora col linguaggio della poesia, e quando con quel della prosa …”.

Così è nata la poesia, detta talvolta in versi e detta talvolta in prosa: da uno sguardo, da un suono, da un profumo, da un ricordo, da un desiderio.

Uscendo dal fragore dei giorni presenti, lasciando indietro ogni banalità o volgarità, ecco la collina e i boschi, ecco il luogo di Pindemonte ed il luogo detto Morago, ecco la poesia del silenzio verde, alto sulla valle e aperto all’orizzonte perennemente azzurro.

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